Agosto 29, 2024
Covid-19, scoperto l’innesco dei pericolosi coaguli di sangue
E’ una proteina del sangue, chiamata fibrina, a innescare la formazione dei coaguli che nel Covid-19 provocano danni al cervello e agli altri organi: la scoperta, fatta grazie a esperimenti in provetta e sui topi, dimostra che i coaguli di sangue non sono una semplice conseguenza della tempesta infiammatoria, bensì un effetto primario dell’infezione che può anche ridurre la capacità del sistema immunitario di eliminare il virus. Lo studio è pubblicato sulla rivista Nature dai Gladstone Institutes e dell’Università della California a San Francisco, dove è già stato sviluppato un anticorpo monoclonale mirato per ridurre i danni all’organismo.
La fibrina è una proteina che normalmente consente una sana coagulazione del sangue, ma che in precedenza ha già dimostrato di poter scatenare effetti infiammatori tossici. Nel nuovo studio, i ricercatori hanno scoperto che la fibrina diventa ancora più tossica nel Covid-19 perché si lega sia al virus che alle cellule immunitarie, creando coaguli che portano a infiammazione, fibrosi e perdita di neuroni. Esperimenti sui topi hanno infatti svelato che la fibrina è anche responsabile della pericolosa attivazione della microglia, ovvero delle cellule immunitarie del cervello coinvolte nella neurodegenerazione. Dopo l’infezione, i ricercatori hanno trovato la fibrina insieme alla microglia tossica e quando hanno inibito la fibrina, l’attivazione dannosa della microglia è stata significativamente ridotta. “La fibrina che si riversa nel cervello potrebbe essere la causa dei sintomi neurologici associati al Covid e al Long Covid, come la nebbia mentale e la difficoltà di concentrazione”, afferma Katerina Akassoglou, direttrice del Center for Neurovascular Brain Immunology dei Gladstone Institutes e dell’Università della California a San Francisco. Il suo laboratorio ha già sviluppato un anticorpo monoclonale che agisce solo sulle proprietà infiammatorie della fibrina senza effetti avversi sulla coagulazione del sangue e che nei topi ha dimostrato di offrire protezione dalla sclerosi multipla e dalla malattia di Alzheimer. Nel nuovo studio, il team ha dimostrato che l’anticorpo blocca l’interazione della fibrina con le cellule immunitarie e il virus SarsCoV2. Somministrando l’immunoterapia ai topi infetti, è stato possibile prevenire e trattare l’infiammazione grave, ridurre la fibrosi e le proteine virali nei polmoni e migliorare i tassi di sopravvivenza. Nel cervello, la terapia ha ridotto l’infiammazione dannosa e ha aumentato la sopravvivenza dei neuroni. Una versione umanizzata dell’anticorpo è già in via di sperimentazione sull’uomo in test clinici di fase 1.