Farmaci: solo 20% studi clinici “no profit”, in costante riduzione

22, novembre 2024 – “Negli ultimi anni il numero assoluto di studi no profit e non sponsorizzati sta progressivamente riducendosi. I finanziamenti per la ricerca scientifica in Italia sono estremamente ridotti: l’80% degli studi è sostenuto da aziende farmaceutiche (profit), e solo il 20% è ‘no profit’, quelli cosiddetti accademici”. A evidenziarlo è Giampaolo Tortora, direttore del Comprehensive cancer center della Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli Irccs di Roma, nel corso della presentazione della campagna nazionale “La ricerca siamo noi. Tutti insieme, dalla scienza alla cura”, promossa dall’Accademia del paziente esperto Eupati Aps (AdPee) oltre a 47 tra associazioni pazienti, accademie e aziende sanitarie, società scientifiche e centri di ricerca, presentata oggi presso l’Ospedale Isola Tiberina – Gemelli Isola.

Nonostante l’Italia abbia sempre avuto “un ruolo di leadership nella ricerca clinica”, ha spiegato Tortora, la riduzione degli studi no profit “è un grave danno”, perché la ricerca clinica “ha un impatto a diversi livelli: scientifico, sanitario, ma anche sullo sviluppo delle attività assistenziali del Paese”. Dal punto di vista scientifico “dà la possibilità di sviluppare farmaci e farli arrivare ai pazienti molto prima rispetto a quando saranno disponibili una volta terminato il percorso”, mentre a livello sanitario “permette di ottenere farmaci quando ancora sono in fase di sviluppo precoce e soprattutto la possibilità di partecipare a tale sviluppo”. Un impatto, quello della ricerca, anche a livello economico: “Analisi recenti dimostrano il risparmio sui costi ‘evitati'”, ha affermato il professore. “Nelle sperimentazioni oltre al nuovo farmaco vengono forniti anche i farmaci standard, di conseguenza se ne giova il Ssn. Inoltre per ogni euro investito il guadagno pubblico è di 3 euro, e nel caso di studi per farmaci oncologici addirittura 3,35”. “Possiamo definire come una sorta di alleanza o di patto quello che si realizza tra i ricercatori, i clinici e i pazienti”, ha concluso Tortora, che ha evidenziato: “Solo una struttura ben organizzata, dotata di personale qualificato e competenze specifiche può assicurare in loco la traslazione della ricerca dal laboratorio al letto del malato”.