Che cos’è
La maggior parte di questa forma di cancro è causata dalla trasformazione in senso maligno dei polipi. Si tratta di piccole escrescenze, di per sé benigne, dovute alla riproduzione incontrollata delle cellule della mucosa intestinale.
Fattori di rischio e Prevenzione
Stili di vita e familiarità sono le cause principali che possono aumentare le probabilità di insorgenza della neoplasia. Numerosi studi scientifici hanno dimostrato che un consumo eccessivo di carni rosse, insaccati, farine e zuccheri raffinati, unito a una dieta povera di frutta e verdura può favorire l’insorgere della patologia. Il rischio aumenta se a queste scorrette abitudini sono associati anche sovrappeso, poca attività fisica, fumo e abuso di alcol.
Circa un terzo dei tumori presenta caratteristiche di familiarità legata a fattori ereditari. Però, la presenza in famiglia di casi di cancro al colon-retto non significa necessariamente che i parenti lo svilupperanno. E’ provato che il rischio sia maggiore soprattutto se la patologia è stata diagnosticata in un parente stretto (genitore, fratello o sorella) di età inferiore a 45 anni, oppure in più familiari stretti.
Ulteriori condizioni di rischio possono essere patologie intestinali come: patologie intestinali come malattia di Crohn, retto colite ulcerosa e sindromi genetiche come la poliposi adenomatosa familiare (FAP) e la sindrome di Lynch.
Prevenzione secondaria: lo screening
I programmi sono indirizzati a uomini e donne dai 50 ai 69 anni di età. Si tratta di un intervento di prevenzione attiva, effettuato generalmente con la ricerca di sangue occulto nelle feci e, nei casi positivi, successiva colonscopia. Viene ripetuto ad intervalli regolari ogni due anni. Lo screening facilita l’identificazione e quindi la rimozione dei precursori (adenomi), prima che si trasformino in tumori maligni (carcinomi). Aumenta così la probabilità di scoprire carcinomi in stadio iniziale, con una conseguente riduzione della mortalità.
Sintomi e Diagnosi
Il principale campanello d’allarme a cui prestare attenzione è un cambiamento significativo, e senza apparente motivo, delle abitudini intestinali che si prolunga per qualche settimana.
Bisogna rivolgersi al proprio medico in caso di rettoragie (emissione di sangue rosso dal retto, da solo o frammisto a feci); presenza di sangue e muco nelle feci; tenesmo (sensazione dolorosa a livello dello sfintere anale associato a stimolo all’evacuazione); defecazione in più tempi ravvicinati; stipsi di recente insorgenza e senso di incompleta evacuazione.
Oltre ai test di screening i principali esami che diagnosticano la malattia sono:
- l’esplorazione rettale
- il Clisma opaco
- l’ecografia dell’addome
- la tomografia assiale computerizzata (TAC)
Numeri
È uno dei tumori a maggiore insorgenza nella popolazione italiana. Ogni anno sono stimati circa 52.000 nuovi casi. Tra i maschi si trova al terzo posto per incidenza, preceduto da prostata e polmone (14% di tutti i nuovi tumori), nelle femmine al secondo posto (13%), preceduto dalla mammella. Nella classifica delle neoplasie frequenti per gruppi di età il carcinoma del colon-retto occupa sempre posizioni elevate, variando nelle diverse età tra l’8 e il 14% negli uomini e tra il 5 e il 17% nelle donne. Presenta una prognosi sostanzialmente favorevole e in moderato aumento. Il 58% dei pazienti colpiti risulta in vita a 5 anni dalla diagnosi (51% tra gli uomini e 63% per le donne).
Come si affronta
Chirurgia
E’ il trattamento più comune e la portata dell’intervento cambia a seconda dello stadio e della localizzazione del tumore. Viene asportato il tratto intestinale colpito dal cancro e, solitamente, vengono rimossi anche i linfonodi regionali adiacenti, perché rappresentano il primo sito dove le cellule malate potrebbero estendersi. In casi selezionati la chirurgia può essere utilizzata anche per l’asportazione di metastasi (depositi del tumore del colon in altri organi), principalmente quelle al fegato.
Chemioterapia
Consiste nell’impiego di farmaci detti citotossici o antiblastici, che hanno la funzione di bloccare la crescita e la divisione delle cellule tumorali. In alcuni casi può essere effettuata prima dell’intervento (neoadiuvante), con lo scopo di ridurre le dimensioni della neoplasia e facilitarne la successiva rimozione chirurgica. Anche quando il tumore è stato rimosso completamente con la chirurgia può essere indicata la chemioterapia dopo l’intervento (adiuvante), a scopo “preventivo” per distruggere eventuali residui tumorali microscopici e ridurre così il possibile sviluppo di recidive. La chemioterapia viene impiegata anche nei casi in cui la malattia si è estesa ad altri organi, al fine di controllare la malattia nel tempo, aumentare l’aspettativa di vita e migliorare i sintomi.
La chemioterapia può causare alcuni effetti collaterali, che variano a seconda dei farmaci somministrati, e che includono: diarrea, nausea, vomito, caduta dei capelli, formicolii alle mani e ai piedi, anemia, aumento del rischio di infezioni, alterazione della funzione del fegato e dei reni.
Radioterapia
Attraverso l’utilizzo di radiazioni ad alta energia si distruggono le cellule tumorali, cercando di danneggiare il meno possibile quelle sane. È utilizzata per i tumori del retto mentre normalmente non si applica per il trattamento di quelli del colon, se non in rari casi per alleviare la sintomatologia. Può essere somministrata prima della chirurgia per ridurre le dimensioni del cancro, che potrà essere così asportato più facilmente, diminuendo anche il rischio di recidiva. Altrimenti, verrà impiegata in seguito se il chirurgo ha incontrato difficoltà a rimuovere interamente la neoplasia. Se la malattia si è ormai diffusa (o nei casi di recidiva) soprattutto con interessamento della regione pelvica, la radioterapia può essere utile per ridurre le dimensioni della lesione e per alleviare i sintomi, incluso quindi il dolore.
Il trattamento alla regione intestinale può causare effetti collaterali come: nausea; diarrea; stanchezza; manifestazioni cutanee e infiammazione della vescica. Raramente la radioterapia provoca un danno permanente all’intestino o alla vescica, anche se diarrea e cistite potrebbero persistere a lungo. Le radiazioni indeboliscono le pareti dei vasi sanguigni di questi organi e possono anche comparire tracce di sangue nell’urina o nelle feci. Se viene effettuata nella regione pelvica può causare infertilità maschile e femminile.
Terapie “a bersaglio molecolare”
Sono farmaci (anticorpi monoclonali, proteine ricombinanti o piccole molecole inibitrici) che si legano a proteine presenti nel tessuto tumorale (recettori) o nel sangue (fattori di crescita), e ne inibiscono l’attività. Vengono utilizzati quando la malattia non è più confinata solo all’intestino ma interessa anche altri organi, e nella maggior parte dei casi vengono associati alla chemioterapia.
Alcuni farmaci (anticorpi monoclonali) agiscono contro EGFR (recettore del fattore di crescita epidermico), che è una proteina presente sulla superficie delle cellule tumorali. Questi farmaci possono essere usati soltanto se nel tumore sono assenti particolari alterazioni molecolari (mutazione dei geni RAS), che renderebbero il tumore resistente alla terapia e di conseguenza la terapia inefficace o addirittura dannosa. Altri farmaci (anticorpi monoclonali e proteine ricombinanti), detti anti-angiogenetici, inibiscono la proliferazione di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi) necessari al tumore per crescere e diffondersi nell’organismo. Un’altra classe di farmaci (piccoli inibitori, a somministrazione orale) blocca l’attività di più recettori, responsabili sia della crescita tumorale che della proliferazione vascolare.
Il trattamento con questi farmaci può determinare alcuni effetti collaterali, in base alla classe di farmaci utilizzati, che comprendono: reazioni allergiche seguite da sintomi simil-influenzali, calo di pressione o nausea, eruzione cutanea, stanchezza e ipertensione.